I CONTI CAMILLA ED AIMO MAGGI DI GRADELLA
(1930-1998)
Sono andata, in un bel giorno di giugno, su, fino a Calino, nella Franciacorta, per rivedere e risentire la Contessa Camilla Maggi, “regina” incontrastata di quel piccolo mondo di sogno che è stata, e, in un certo senso, è ancora, la nostra Gradella.
Che pace lassù e quanto verde !
Alti alberi fiancheggiano la strada, che con dolci curve sale pian piano fino alla villa - castello che domina la vallata.
Si odono canti d’uccelli che il ronzio del motore non disturba.
Qua e là, dal folto del verde, giunge la risata di un bimbo.
La Contessa Camilla, vivace e brillante, mi aspetta col suo sorriso schietto e con tanta voglia di parlare della sua vita tra noi.
Nella pace fresca di quella specie di chiostro, che costituisce il cortile interno della villa, tra vasi enormi di gelsomini e di limoni, con tanti , tanti gerani, tutti in fiore, affacciati alle ringhiere delle balconate, con nidi di rondini sotto il tetto e un gran via vai di uccelli in quel quadrato di cielo che ci sovrasta, la contessa Camilla racconta e racconta e verrebbe voglia di far sera con lei.
“Ho visto Gradella per la prima volta nel ’31 , da fidanzata. Aimo aveva appena ereditata la proprietà da uno zio e aveva voluto mostrarmela. Era stata dei Maggi per dodici generazioni. Ma che disastro !
Ricordo di aver detto : - Dio mio, ma questa è l’Abissinia !- “
I proprietari l’avevano fino ad allora abbandonata a se stessa, senza assolutamente occuparsene.
Era divisa tra ben sessanta piccoli affittuari e ognuno s’arrangiava come poteva, nel suo minuscolo appezzamento faceva di testa sua e lasciava andare un po’ tutto alla rovina : tanto la roba era del padrone.
Allora anche a Gradella, come in tutta la valle padana, la ricchezza della povera gente, anche se una ricchezza molto relativa, derivava dall’allevamento dei bachi da seta.
Ogni famiglia vi si dedicava a tempo pieno e tutti, grandi e piccini, erano “ a servizio” dei bachi. Essi avevano tutti i diritti : li si doveva tenere al caldo quando nascevano , nutrire di continuo (e quanto mangiavano !), far loro spazio in casa quando crescevano, munirli del “bosco” su cui essi preparavano il bozzolo e poi, quando il lavoro del baco era terminato, si dovevano togliere con cura i bozzoli dorati per consegnarli alla "filanda“.
Quella seta , ricavata dalla loro fatica , i contadini allevatori non avrebbero mai potuto comprarla. Era roba per ricchi.
Tutta la vita di Gradella, mi dice la Contessa, gravitava attorno a questa attività negli anni ’30.
Il signor Giovanni Tomaselli, amministratore di Casa Maggi, che mi ha gentilmente accompagnato, mi fa notare che c’erano, in quegli anni, due campanelle, (una esiste ancora), nell’azienda : la prima presso la villa, residenza del Conti, l’altra alla cascina Mais.
Esse venivano usate al mattino presto per chiamare tutto quel piccolo grande mondo contadino alla raccolta delle foglie di gelso per nutrire quell’esercito affamato di vermiciattoli, che mangiavano, mangiavano ininterrottamente.
Al suono della campanella una vera folla usciva dalle case munita di sacchi e scalette e si arrampicava sui gelsi, che allora erano diffusissimi, e strappava foglie su foglie, ne riempiva sacchi e canestri e lasciava gli alberi completamente spogli.
Con l’arrivo del Conte Aimo Maggi, da poco sposo della Contessa Camilla Martinoni, la vita a Gradella cambiò completamente.
La gestione venne presa direttamente in mano dal Conte, scomparvero i fittabili e nacque la mezzadria.
Le case vennero ripulite e in gran parte rifatte, le stalle modernizzate e riempite di bestiame da latte, i cortili abbelliti, i corsi d’acqua risistemati.
Insomma il paese cambiò volto e divenne un luogo di sogno nel quale era piacevole vivere,
Durante la guerra, dal settembre ’43, Villa Maggi fu requisita ed assegnata al Comando militare del Maresciallo Graziani.
I Conti si ritirarono allora a Calino.
Ma nel ’45, a guerra finita, rieccoli a Gradella, pieni di entusiasmo e di voglia di fare.
In quegli anni la Contessa Camilla fu di casa presso ogni famiglia contadina, soprattutto là dove c’era più bisogno di aiuto.
Mi cita ancora adesso nomi e cognomi, il numero dei figli, le disgrazie capitate, le feste organizzate.
Ricorda, per esempio, la Giacomina, vedova con sette figli piccoli e con l’ultima gravemente ammalata. Qui era stato veramente necessario intervenire : e la Contessa lo fece, generosamente.
Ricorda anche quel matrimonio, diventato famoso, di un ragazzo di Gradella, quando lei stessa fece da testimonio, con la sposa che arrivò alla chiesa su una carrozza d’altri tempi, tirata da due cavalli bianchi, col cocchiere in cilindro a cassetta.
E quando c’era qualcuno che stava male si correva dalla contessa, la si invitava a casa a controllare e poi si aspettava che lei chiamasse il medico adatto, che provvedesse, magari, a prenotare l’intervento chirurgico presso lo specialista famoso, perché tutto si risolvesse per il meglio.
Per le strade del piccolo centro era, però, più facile vedere lui, il conte Aimo, in maglietta e con gli zoccoli ai piedi, passare, osservare, prendere nota. E guai se le strade non erano pulite, se nei cortili si ammucchiava la spazzatura, se l’erba sul ciglio della via non era stata regolarmente falciata.
Quelle case tutte uguali, con lo stesso colore caldo del sole, erano belle a vedersi e anche dentro dovevano essere linde e accoglienti.
Di solito i Conti arrivavano a Gradella in novembre e ripartivano all’inizio dell’estate, quando l’afa della nostra pianura cominciava a farsi sentire.
Allora si ritiravano nella splendida villa - museo di Calino, dove, ad ogni passo, anche ora, c’è un ricordo del tempo passato.
Ma era a Gradella che il Conte, di preferenza, portava gli amici, gli sportivi, i corridori famosi della mitica “Mille Miglia”, di cui egli era stato il fondatore e uno dei più assidui partecipanti.
Poi anche quest’epoca d’oro, come tutte le cose belle, è finita.
Il Conte morì improvvisamente a soli 58 anni, a Calino, nel ’61.
La contessa Camilla restò sola nelle sue grandi ville, vuote d’affetti, a piangere il vivace compagno della sua esistenza.
In seguito la vita , inevitabilmente, riprese il suo ritmo, come sempre avviene e come è giusto che avvenga.
La Contessa Camilla con l’aiuto dei suoi valenti Amministratori, continuò a “governare” Gradella con la solita signorilità e attenzione, continuò a voler bene alla gente, ad occuparsi delle sue necessità, a partecipare alle gioie, ai dolori e ai sogni dei gradellesi.
Ma poi, anche per lei venne l’ora del riposo : non aveva eredi diretti e Gradella aveva bisogno, per mantenere il ritmo che le aveva imposto il marito, di un polso forte e di attenzioni continue. E lei non se ne sentiva in grado.
Così decise di vendere la proprietà e cercò a lungo qualcuno che l’acquistasse in blocco, per conservare il più possibile la caratteristica impronta dei Conti Maggi.
Anche questo fu un segno d’amore per il nostro piccolo mondo incantato.
Ci è riuscita ?
Forse sì.
Basta vederla Gradella, anche in questi giorni : è un paese delizioso, dove a tutti piacerebbe vivere e sognare.
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2 commenti:
gradella è un luogo ove si respira un aria di vecchi paesi della "bassa". Ma non illudiamoci .fuori di qui c'è l'inferno: auto, prostitute, uomini egoisti che pensano solo al denaro e che mai apprezzeranno i vantaggi(?) di un mondo che fu!
luciano
Gli amministratori erano talmente “valenti” che dopo la morte di Aymo si arricchirono personalmente, mentre la proprietà di Gradella dovette alla fine essere venduta da Camilla per coprire i debiti.
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